Cristina guardava Irene con uno sguardo carico di emozioni che lottavano per non uscire. Nei suoi occhi si leggevano gratitudine e dolore, amore e perdita, tutto in un silenzio che parlava più di mille parole. Finalmente, con la voce tremante ma determinata, trovò il coraggio per rompere quel silenzio pesante. “So che fin dal primo giorno alla colonia sei stata vicino a me. L’ho sentito, anche prima di sapere chi fossi davvero. Mi hai protetta, mi hai seguita da lontano senza dire nulla. Te ne sono grata con tutto il cuore.”
Irene, visibilmente toccata da quelle parole, le prese dolcemente la mano e le rispose con tenerezza: “L’ho fatto perché lo sentivo nel profondo, figlia mia. Non mi aspettavo nulla in cambio. Volevo solo esserci, senza invaderti.” Cristina annuì piano, riconoscendo quell’amore silenzioso che l’aveva accompagnata per tanto tempo. Ma qualcosa dentro di lei continuava a pesare. Un’ombra irrisolta che portava nel cuore da anni.
“Anche se ti sono riconoscente,” continuò con voce bassa, “ci sono ancora tante cose che mi fanno male. Tanti silenzi. Tanti interrogativi.” Irene non la forzò a dire di più. “Non devi rispondere a tutto adesso, Cristina. Quando sarai pronta, io sarò qui.” Ma Cristina prese un respiro profondo, come a raccogliere tutta la forza che aveva, e decise che quello era il momento giusto.
“C’è una cosa che devo sapere. Una domanda che mi perseguita da tutta la vita: tu sai qualcosa di mio padre? Di José?”
Irene abbassò lo sguardo, colpita nel profondo. Restò in silenzio qualche istante, cercando le parole tra i ricordi. Poi, con un lungo sospiro, rispose: “No. Non so più nulla di lui da quando mi ha lasciata.”
Cristina sentì un vuoto aprirsi nel petto. “Non ha mai provato a cercarmi? Nemmeno una volta?” chiese con un filo di voce. Irene scosse lentamente la testa. Ma non si fermò lì. “Quando gli dissi che ero incinta, si emozionò. Parlava di matrimonio, di creare una famiglia. Era felice, pieno di sogni.”
Cristina spalancò gli occhi. “Davvero?” chiese incredula. Irene annuì, con una tristezza amara nello sguardo. “Sì. Proprio per questo fu ancora più doloroso quando, poco dopo, sparì. Non tornò più. Niente spiegazioni, niente lettere, niente chiamate. Mi lasciò sola. Col pancione. Con tutto.”
La voce di Irene si incrinò. Cercava di mantenere la calma, ma il ricordo la colpiva ancora con violenza. “Questo è tutto quello che posso dirti. Vorrei poterti dare di più. Ma è tutto quello che ho.”
Cristina restò in silenzio. Le lacrime le rigavano il volto, ma non fece nulla per fermarle. Guardava il pavimento, come se le risposte fossero nascoste lì sotto. Infine, sussurrò: “Immagino che non mi amasse poi così tanto come diceva. Per questo se n’è andato.”
Quelle parole furono come una lama. Dolorose, crude, ma anche liberatorie. Un taglio netto nel velo del passato. Irene non aveva nascosto nulla, nemmeno il proprio dolore. E in quel momento, proprio nella condivisione di quel dolore, qualcosa si rafforzò tra madre e figlia. Cristina non aveva ottenuto la risposta che sperava, ma almeno aveva ricevuto una verità. E quella verità, per quanto amara, era reale. E il reale, in quel momento, era tutto ciò che contava.